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Estratto "L'ombra della luna"

 

I romanzi di Sonny Whillam non erano classificabili in un genere particolare. Erano romanzi di avventura, spesso con risvolti fantascientifici, ed anche con sfumature rosa. Erano, insomma, di uno stile tutto suo, che incatenava il lettore e lo affascinava.
Era stato proprio per queste motivazioni, che al suo primo lavoro, lo scrittore aveva raggiunto immediatamente il successo, sia da parte della critica, che da parte dei lettori.
Leggendo i suoi libri si rimaneva ammaliati da quel perfetto modo di raccontare, di descrivere i minimi particolari, dal far vivere in prima persona le vicissitudini dei suoi protagonisti.
Il lavoro che aveva appena terminato rispettava tutte queste caratteristiche, con momenti carichi di suspence e di tensione, di rabbia e di emozione intensa, di gioia e di amore, di paura e di trepidazione.
Nel contempo il suo modo di esprimersi si era ulteriormente perfezionato, il suo linguaggio era perfetto ed estremamente scorrevole. Da circa un mese aveva iniziato a scrivere il nuovo romanzo, ed anche questo stava filando via a meraviglia.
Ma la notte del trenta dicembre subentrò qualcosa che guastò il tranquillo fluttuare degli eventi.
Mentre dormiva Sonny fece un brutto sogno. Nel suo incubo si vide rincorso, per i pendii circostanti ricoperti di neve, da una strana creatura. Si sforzava di correre più velocemente possibile, ma ad ogni passo affondava sempre di più nella coltre bianca, ed udiva un ringhio sordo che si avvicinava rapidamente alle sue spalle. Annaspava disperatamente e, quando si voltava indietro, vedeva una massa scura ed indefinita che stava per raggiungerlo. Cercava di metterla a fuoco ma non ci riusciva. Quello che riusciva ad osservare era solamente una massa informe che arrancava dietro di lui.
Solo quando sentì il suo ansimare vicino al collo, si voltò e stavolta riuscì a distinguere nitidamente ciò ché lo inseguiva.
Era…
Si svegliò di soprassalto, con il pigiama madido di sudore. Il cuore sembrava impazzito, e gli pulsava violentemente, quasi dolorosamente nel petto.
Si guardò accanto e vide Norma che dormiva beatamente.
Gli occorse qualche minuto, prima di tornare completamente in sé. Ripensò al sogno, e, davanti ai suoi occhi, tutto ripassò in rapida sequenza, come fotogrammi di una pellicola cinematografica.
La corsa sulla neve, la forma scura e ringhiante che lo inseguiva, il momento in cui si era girato e l’aveva scrutata in ogni particolare.
Era…
Vuoto. Nella sua mente comparve uno spazio vuoto, una zona oscura dove non c’era altro che il nulla più assoluto. Una zona morta. La pellicola aveva smarrito gli ultimi fotogrammi, quelli più importanti.
Si sforzò, ma non ricordava assolutamente niente.
Eppure aveva l’impressione che un’immagine volesse emergere nella sua memoria.
Ma non veniva a galla, non riaffiorava.
Provava la stessa sensazione che aveva quando incontrava qualcuno per strada che gli sembrava di conoscere, ma non ricordava chi fosse e neppure dove poteva averlo visto prima. O come quando un vocabolo gli giungeva sin sulla punta della lingua ma non usciva fuori.
Era…
Niente da fare, il suo cervello era completamento sgombro da qualsiasi ricordo.
Si alzò da letto, facendo attenzione a non destare sua moglie. Scese di sotto, in sala da pranzo, si sedette al tavolo e si accese una sigaretta.
Fuori, intanto, imperversava una violentissima tormenta di neve. Il vento ululava, fischiava e si abbatteva sulla casa, facendo scricchiolare gli infissi delle porte e delle finestre.
Sonny aspirava grandi boccate di fumo; la sua espressione appariva seria e corrucciata.
Guardò l’orologio appeso alla parete. Erano le tre ed un quarto, e difficilmente, per quella notte, avrebbe ripreso a dormire. Una strana angoscia si era insinuata in lui, si era accampata nel suo animo più profondo, e lo attanagliava stringendo in una morsa serrata la bocca del suo stomaco.
Eppure si era trattato solo di uno stupido sogno.

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